
Gli italiani osannano il nome della capitana Rakete, e dimenticano la loro Peirotti
Non si parla altro che di Sea Watch e del decreto sicurezza bis di Salvini, mentre i giudici francesi fanno rispettare le leggi sull'immigrazione clandestina. La civilissima Francia ha sempre da insegnare all'Italia.
Il nome della nostra connazionale Francesca Peirotti non sarà mai celebre come quello di Carola Rakete, che ormai passerà alle cronache come paladina della giustizia, eppure sarebbe da ricordarlo ora che si fa tanto chiasso per il caso Sea Watch e il decreto sicurezza bis, perché le due donne sono legate ad analoghe vicende: reato di immigrazione clandestina. La giovane italiana di Cuneo è stata infatti condannata un anno fa da una Corte d’ Appello francese a sei mesi di carcere con sospensione condizionale della pena, per aver aiutato 8 migranti ad attraversare il confine di Ventimiglia verso Mentone. Un caso in cui la civilissima Francia ha fatto rispettare le sue leggi sull’immigrazione.
Proprio la Francia, lo stesso Paese che dà oggi lezione a noi italiani, ha accusato la donna italiana del reato di favoreggiamento di immigrazione clandestina. I fatti risalgono al novembre del 2016, quando la Peirotti trasportando su un furgone della Croce Rossa dei migranti, tra cui un neonato a bordo, bloccati da giorni al confine di Ventimiglia, veniva poi fermata dalla polizia francese sull’autostrada alla altezza di Mentone. Nel maggio del 2017, la nostra connazionale venne condannata in primo grado ad una multa di 1000 euro dal Tribunale di Nizza. Ma la Corte di Appello francese ha optato per una pena più grave, e alla giovane Peirotti non resta che attendere adesso il ricorso inoltrato alla Corte di Cassazione di Parigi. Otre alla condanna la donna, che avrebbe tutte le carte in regola per essere considerata anche lei una vera eroina della ‘legalità’ alla Rakete, e di cui poco se ne parla sui social, dimenticata nell’oblio dai buon pensanti ‘smanettatori’ di Facebook, la Peirotti rischia inoltre di non potere soggiornare in territorio francese per lunghi 5 anni. Una odissea quella passata dalla donna italiana che rischia l’anonimato. Siamo certi che Francesca Peirotti non fosse a caccia di celebrità, quando mossa da carità compassionevole verso quegli 8 migranti, decise di infrangere la legge. E siamo convinti anche che l’italiana si fermò all’alt imposto dai gendarmi francesi, senza incorrere in rocamboleschi inseguimenti o speronamenti di auto, evitando con il suo buon senso di peggiorare la situazione in cui si era messa. Non era questa piccola italiana in cerca di una telecamera, non osò disturbare internet, per glorificare le sue gesta. Popolo di Facebook, diamo a Cesare ciò che è di Cesare, e facciamo un poco di tifo anche per lei con un “mi piace” e molto meno politica.
