La Corte di Strasburgo boccia il ricorso della Sea Watch. La capitana Carola entra a Lampedusa

La Corte di Strasburgo boccia il ricorso della Sea Watch. La capitana Carola entra a Lampedusa

E' con un tweet che Carola Rackete ha annunciato di aver deciso di raggiungere Lampedusa: "So cosa rischio, ma i naufraghi sono allo stremo e li porto in salvo"

E’ attraverso un tweet inviato pochi minuti fa, che la capitana della Sea Watch ha annunciato di procedere nella navigazione verso Lampedusa, oltrepassando quel muro invisibile dopo 14 lunghi giorni di ancoraggio in acque internazionali e derogando così al divieto imposto dalla legge italiana, portando in salvo i 42 profughi che ha a bordo. «Ho preso questa decisione – scrive la capitana Carola Rackete nel tweet – so cosa rischio, ma i naufraghi sono allo stremo e li porto in salvo». Dopo la bocciatura del ricorso europeo alla Corte di Strasburgo per i Diritti dell’Uomo, i volontari della ong forzando il braccio in questo modo contro la legge, si preparano anche ad una sicura battaglia in tribunale che potrebbe nascere dopo lo sbarco non autorizzato a Lampedusa. Secondo il decreto di sicurezza bis, lo sbarco vorrebbe dire sequestro e confisca della nave, iscrizione nel registro degli indagati per il capitano e il suo equipaggio, e il pagamento di una multa che potrà arrivare sino a 50 mila euro.

Ma la decisione presa a bordo della nave di procedere nella sua navigazione verso Lampedusa sembrava già nell’aria, perché la stessa Sea Watch, sin da questa mattina, aveva organizzato su tutti i social una raccolta fondi, proprio per arrivare a coprire la sanzione che verrebbe applicata ora in base al decreto sicurezza bis, in caso non si decidesse di cambiare nuovamente rotta. Il ministro del Viminale ha prontamente fatto sapere che la nave in navigazione verso il porto di Lampedusa, su cui vige il divieto di sbarcare, “verrà fermata con ogni mezzo” e non “approderà nel porto”. Dunque il braccio di forza continua ancora, perché la vicenda non sembra per nulla chiudersi qui.

La sentenza della Corte di Strasburgo che ha bocciato il ricorso presentato dalla ong, è un atto che pone una indubbia interpretazione, e della quale la Sea Watch ha preso forza per motivare la sua decisione di sfidare le leggi italiane. Non conosciamo ancora per intero tutta la sentenza, ma il principio ribadito dalla Corte di Strasburgo è che una nave trovandosi in acque internazionali, non può costringere uno Stato di diritto a modificare le proprie leggi. Ma la Corte poi, almeno in apparenza contraddicendosi, indica comunque al Governo italiano che “conta sulle Autorità del Paese affinché continuino a fornire tutta l’assistenza necessaria alle persone in situazione di vulnerabilità a causa dell’età o dello stato di salute che si trovano a bordo della nave”.

Ma la capitana Caroal aveva già deciso di non rispettare la legge italiana. Infatti la capitana aveva dichiarato che avrebbe aspettato la decisione della Corte di Strasburgo in merito al suo ricorso, e se questa fosse stata negativa, lei avrebbe comunque deciso di riprendere la navigazione verso Lampedusa perché costretta a farlo. L’Ue in tutto questa vicenda dove sta? La dichiarazione della Commissione Europea arriva da una portavoce che annuncia che la decisione di un porto di sbarco non può arrivare da Bruxelles, ma l’Ue può organizzare la fase successiva, cioè coordinando gli Stati membri per cercare il ricollocamento dei migranti della Sea Watch dopo lo sbarco. Sarebbero stati contattati almeno 4 o 5 Stati per questo. Dichiarazioni vaghe e incerte che non bastano certo all’Italia e a Salvini per desistere dalla politica dei pugni duri. Una politica quella sull’immigrazione clandestina che ha portato a ridurre notevolmente il traffico dei migranti e dei viaggi della speranza.

Intanto ieri notte una barchina con otto profughi è stata recuperata dalla Guardia Costiera italiana e tratta in salvo a Lampedusa.

 

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