
Le istituzioni musicali in Italia nell’epoca della crisi: quei ruoli di potere alle spalle dei musicisti
Le istituzioni Musicali in Italia sono alla sopravvivenza , senza soldi e idee non bastano talento e passione
Quando si attraversa un lungo periodo di crisi economica, la prima vittima dei tagli alle varie istituzioni è senz’altro la cultura. Più nello specifico in Italia la considerazione riservata ai musicisti in questi casi è infima: molti assistono al dimezzamento dei propri stipendi o alle minacce di licenziamento da parte di quelle stesse associazioni che dovrebbero garantire i loro diritti.
A tal proposito bisogna specificare che nel paese della burocrazia in cui viviamo il numero degli enti musicali non è poi così trascurabile come si potrebbe pensare, e comprende diversi settori di approfondimento nonché divulgazione. Una parte considerevole di questi ultimi è inclusa nell’AFAM (l’alta formazione artistica nella quale rientrano tutte le scuole di eccellenza): si tratta di 145 fondazioni, di cui 63 non statali e 82 statali, cui appartengono anche 55 Conservatori.
Ciò che desta perplessità nell’organizzazione di queste istituzioni è il modo in cui una volta usciti da esse è possibile rientrare in qualità di insegnanti.
A differenza delle selezioni da parte del MIUR, i criteri di valutazione degli aspiranti docenti nei Conservatori per esempio (dove non ci sono più stati concorsi pubblici nazionali dal 1989) sono tutt’altro che oggettivi, anzi: è noto che il ruolo del Direttore – e, a onor del vero, il suo sostegno – risulti essere molte volte decisivo nella scelta del candidato, a prescindere dal suo curriculum.
Ciò sembra ancor più possibile se si considera la confusione in merito al punteggio attribuito alle pubblicazioni e ai titoli artistici da presentare in queste sedi: il giudizio a tal riguardo non è certo univoco, senza contare che per un neolaureato – anche con il massimo dei voti e la lode o magari con un paio di dottorati nelle materie musicali – è praticamente impossibile essere giudicato idoneo alla carica ambita, perché non in possesso (avendo appena terminato il ciclo di studi obbligatorio), dei titoli di servizio richiesti. Insomma, è triste constatarlo, ma per i giovani musicisti e musicologi italiani è un’impresa essere premiati persino negli stessi luoghi in cui hanno studiato.
Le istituzioni musicali infatti, nella loro struttura organizzativa statica e piramidale, respingono volutamente gli ex studenti affermando che è necessario avere una lunga esperienza – quindi parecchi anni in più – prima di poter accedere all’insegnamento.
Una dichiarazione senza dubbio corretta, tuttavia è curioso che un tempo – circa trenta o quarant’anni fa – le cose non stessero proprio in questo modo: essendoci nei Conservatori molti iscritti in meno, gli allievi meritevoli assumevano il ruolo di docenti spesso automaticamente dopo il diploma.
La situazione di generale immobilismo burocratico – sempre per quanto riguarda il ricambio generazionale e i criteri di assunzione – sembra essere la medesima anche nella gestione delle attività concertistiche o di divulgazione musicale promosse dalle ben 403 associazioni del Comitato Nazionale Italiano Musica (CIDIM). Nato nel 1978 come Centro Italiano di Iniziativa Musicale fondato da 11 associazioni concertistiche, aveva lo scopo di garantire agli enti musicali italiani un punto di riferimento. A un tale comitato va il merito di organizzare rassegne, festival, corsi e concorsi in tutta Italia, ma è necessario sottolineare che ancora troppo spesso i musicisti coinvolti in simili iniziative non sono pagati o ricevono delle misere retribuzioni.

Sopra: uno dei loghi del CIDIM.
Eppure queste istituzioni musicali percepiscono dei finanziamenti per poter continuare a esistere.
Al momento attuale, inoltre, delle circostanze particolarmente gravi in merito alla gestione dei fondi e degli stipendi dei principali addetti ai lavori risultano essere presenti nelle Fondazioni Musicali più grandi e note: la minaccia di rottamazione di un terzo del Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia nel giro di un paio d’anni è ancora una terribile realtà, accompagnata ultimamente dagli scioperi degli orchestrali e dei dipendenti nelle molte Fondazioni Liriche italiane ormai al collasso.
In pochi sanno che, dietro ai brillanti scenari della nostra musica, si celano spesso dei meccanismi burocratici volti a garantire la permanenza delle tante istituzioni a scapito dei musicisti che le animano.
Questa verità onnipresente in Italia destabilizza la musica, vittima di centinaia di ruoli di potere sensibili a tutto tranne che all’unico aspetto organizzativo davvero importante: la giusta considerazione dei musicisti e dei musicologi senza i quali, semplicemente, in Italia per quest’arte non ci sarebbe un futuro.
Tag: istituzioni musicali, musica, musicisti, musicologi, enti musicali, AFAM, CIDIM, Fondazioni Musicali, stipendi, licenziamenti.
Giulia Dettori Monna
