Un paese pieno di libri, ma non di lettori: quale destino per la cultura in Italia?

Secondo le ultime statistiche sulla vendita – nonché la letturadei libri in Italia, sembrerebbe che la situazione di declino dell’editoria non sia destinata ad arrestarsi presto.
Se consideriamo i rapporti dell’Istat dal 2017 a oggi, pare che nel nostro paese si pubblichino più testi a prezzi migliori (perché inferiori alla media), ma che il numero dei lettori sia rimasto drammaticamente basso e, oltre tutto, geograficamente sbilanciato verso il Nord Italia.
In base a un’indagine pubblicata il 12 gennaio 2019, la regione in cui si legge di più sarebbe il Trentino Alto Adige (con il 53,1% degli abitanti che comprano almeno un libro l’anno), quella in cui si legge di meno, invece, la Sicilia (appena il 25,8%).
In realtà la questione non è poi così negativa come molti media vorrebbero far intendere: è vero che ci troviamo agli ultimi posti nella classifica dei lettori europei – dopo di noi solo Cipro, la Grecia, la Romania e il Portogallo – ma sembra che l’incremento digitale delle produzioni editoriali abbia avuto un’espansione significativa. La stragrande maggioranza dei titoli è presente anche in formato e-book, un aspetto che riguarda soprattutto l’editoria scolastica (circa il 70% dei manuali è disponibile online).
Eppure, nonostante la scuola si impegni a mantenere un relazione costante con il mondo dei libri, è chiaro che la modesta propensione al leggere riscontrata in Italia sia imputabile alla mancanza di efficaci politiche scolastiche sull’educazione alla lettura, specie durante gli anni dell’infanzia.
Tuttavia, bisogna specificare che gli insegnanti non possono sostituirsi ai genitori nella cura dei figli in quest’ambito: il tempo dedicato ai libri deve essere approfondito in famiglia – tra i ragazzi di 11-14 anni infatti legge l’80% di chi ha madre e padre lettori e solo il 39,8% di coloro i cui genitori non leggono – e costituisce un momento di fondamentale crescita formativa, poiché non si tratta solo di uno strumento per perfezionare la dizione o arricchire la conoscenza terminologica del proprio vocabolario.
Nella nostra epoca resta di fondamentale importanza comprendere quanto sia salutare il ritagliarsi uno spazio per leggere lontano da distrazioni e rumori molesti, imparando a riflettere in modo autonomo sul contenuto del testo e, nello specifico, sul perché della sua rilevanza.
Ecco quindi spiegato il motivo per cui è necessario vigilare sulle letture dei bambini guidandoli nella selezione dei libri, così da permettere loro di costruire un valido gusto estetico e una capacità di discernimento che, nella società in cui viviamo, sono sempre più rari.
I ragazzi leggono poco, ma un aspetto ulteriormente grave è la loro incapacità di scelta nella sterminata moltitudine offerta dalle librerie, dunque di interesse per un genere piuttosto che un altro.
Ciò proviene da un’ignoranza di fondo e da una dimensione sociale di riferimento
che è molto lontana dall’idea di includere la lettura nel tempo libero, dati i ritmi di vita frenetici indotti dai social e dai nuovi sistemi tipici della comunicazione (basti pensare alle chat di WhatsApp o ai dibattiti su Facebook).
Questa realtà influenza anche il lavoro di chi scrive oggi, a cominciare dai giornalisti: bisogna esprimersi in modo sintetico ed evitare gli articoli lunghi, che le persone di solito ignorano.
A tal riguardo già nel 2015 era stato calcolato che ben 22 milioni di italiani – ossia il 39,3% di persone con più di 6 anni di età – non avesse letto alcun tipo di libro soprattutto per “mancanza di tempo”.
La cultura italiana è dunque destinata all’estinzione?
Non proprio, e le risorse migliori per evitarla sembrano provenire dalle fila dei lettori giovani: più di un ragazzo su 5 fra i 15 e i 24 anni effettua con regolarità download di libri online o e-book, e il 12,7% degli adolescenti dagli 11 ai 14 anni legge almeno un libro al mese.
Fra i lettori forti, anche gli over 55 (il 16,5% tra i 55 e i 64 anni e il 17,4% tra gli over 65).
Forse, allora, un obiettivo futuro imprescindibile – a partire dai messaggi della classe politica dirigente – dovrebbe essere il rilancio della cultura intesa prima di tutto come lettura dei libri, e non semplice collezionismo figlio delle mode consumiste dei nostri tempi.

 

Giulia Dettori Monna

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