Modena, Amanda Knox al festival della Giustizia penale: “La mia vita distrutta per colpa dei media”

Modena, Amanda Knox al festival della Giustizia penale: “La mia vita distrutta per colpa dei media”

La 32enne di Seattle punta il dito contro i giornalisti: "Per il mondo io ero una psicopatica e una puttana. Ma la verità è che io ero innocente. Purtroppo rimango una figura controversa agli occhi dell'opinione pubblica, nonostante la Cassazione mi abbia assolto dall'accusa dell'omicidio di Meredith Kercher"

“Vengo ancora insultata ogni volta che mi addoloro per Meredith, lo so che sarò per sempre legata alla tragedia della sua morte nonostante io sia innocente. Non sono un mostro”. Con queste parole Amanda Knox (la foto è del Giornale di Brescia) è intervenuta stamattina dal palco del festival della Giustizia penale di Modena, ripercorrendo la controversa vicenda processuale che l’ha vista protagonista insieme all’ex fidanzato Raffaele Sollecito. Nonostante entrambi furono definitivamente assolti dalla Cassazione nel 2015 dall’accusa di omicidio della studentessa Meredith Kercher, lei è ancora considerata come colpevole da gran parte delle persone, perché il suo, oltre che giudiziario, è stato anche un processo mediatico.  “So che molti pensano che io sia cattiva, ma in realtà io sono stata una vittima – ha aggiunto la 32enne di Seattle. – Si cercava un colpevole e polizia e media si sono accaniti su di me, senza basarsi su prove o testimonianze ma solo su un’intuizione investigativa”.

Più che una vicenda di cronaca giudiziaria, in cui ci si doveva attenere ai fatti e all’attività della magistratura, il delitto di Perugia era diventato un romanzo noir, in cui i protagonisti, Amanda e Raffaele, venivano giudicati come spietati assassini solo perché magari avevano un comportamento freddo in aula e non si disperavano perennemente. “Sul palcoscenico mondiale io ero una furba, psicopatica e drogata, puttana. Colpevole. È stata creata una storia falsa e infondata, una storia che parlava alle paure della gente. Non potevo più godere del privilegio della privacy – ha continuato a raccontare Amanda. – La mia famiglia veniva descritta come un clan. Io prima del processo ero sommersa da una montagna di fantasie da tabloid”.

Secondo la Knox, proprio a causa dell’intervento ingombrante dei giornalisti, “l’inchiesta è stata contaminata”. “Era impossibile avere per me un processo giusto – ha specificato. – L’opinione pubblica non deve rispondere a nessuno, non ci sono regole se non che il sensazionalismo vince: nella corte dell’opinione pubblica non sei una persona umana, sei un oggetto da consumare”.

Una cosa è certa: nessuno le restituirà gli anni che ha perso. “Mi sono ritrovata a vent’anni in carcere in un’ambiente disumano, malsano, imprevedibile – ha concluso. – Invece di sognare una carriera o una famiglia ho meditato sul suicidio”.

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