Il covid e gli italiani: la situazione dei cittadini fra previsioni e psicosi collettive

la pandemia di coronavirus ha causato una psicosi collettiva mai vista prima e superata la fase dell'emergenza bisognerà occuparsi degli aspetti psicologici e del supporto che dev'essere dato per l'effetto del trauma che la paura e l'isolamento sociale che il covid-19 ha prodotto nel vivere di tutti i giorni

La “fase 2” è appena cominciata, e le previsioni su quello che ci attenderà nei prossimi mesi cambiano di giorno in giorno. Dopo la caotica, inarrestabile serie di ipotesi e teorie sul Covid da parte di virologi e scienziati durante questi mesi, in Italia non è ancora possibile comprendere “che ne sarà di noi”, ovvero cosa potrebbe accadere o meno se la curva dei contagi (per esempio) riprendesse improvvisamente a salire.

Quel che è certo è che, passate le incertezze sulla definizione dei sempre più controversi “congiunti”, gli italiani hanno recuperato un briciolo di normalità iniziando a rifrequentare i parchi e i luoghi pubblici, tutti più o meno provvisti di mascherini e guanti.
I più prudenti (quasi sempre di una certa età), hanno scelto addirittura di prolungare la permanenza a casa, o magari di accogliere figli e nipoti mantenendo una certa distanza di sicurezza e indossando in ogni caso la mascherina.
Prudenza o meno, è indubbio che il numero dei contagi sia in costante decrescita, persino in Lombardia.
Il Ministero della Salute ha comunque confermato l’intenzione di procedere con un’apertura differenziata per regioni a partire dal 18 maggio.

Sappiamo infatti che i territori con un numero oltre modo esiguo di contagi (come la Basilicata, di recente tornata “Covid-Free” o la Calabria), hanno ritenuto esagerate le attuali misure di sicurezza, nonché lesive per quanto riguarda il drammatico bilancio economico di questi due mesi e l’impatto psicologico assolutamente negativo che sta avendo sui cittadini italiani.
A tal riguardo sarebbe stato più opportuno chiudere i confini fra le regioni, permettendo solo ai fuori sede di fare ritorno a casa (previo tampone) e concedendo piena autonomia ai singoli presidenti delle stesse regioni in merito a cosa riaprire e a come farlo. In questo modo, oltre tutto, la pressione psicologica sugli italiani che giustamente si preoccupano per il loro futuro economico e lavorativo sarebbe stata già ridotta in modo notevole.

 

L’impatto della psicosi da Covid

Si parla da mesi ormai in modo quotidiano dell’impatto del covid sulla nostra popolazione a livello di contagi e guarigioni, quasi per nulla della psicosi che è stato capace di generare in questo periodo.
Buona parte degli italiani è infatti convinta dell’impossibilità di eliminare l’emergenza senza un vaccino, pertanto di dover rimanere in questa situazione addirittura per anni.
A loro avviso dunque nel prossimo futuro sarebbe quanto meno necessaria l’ormai famigerata “app” analoga a quella adoperata in Cina (per altro incostituzionale nel nostro paese, dato il diritto alla privacy) necessaria per individuare i soggetti contagiati.

L’ansia e l’angoscia per l’estrema precarietà del momento che i vari popoli e gli italiani in modo particolare – specie i cittadini in solitudine o in estrema difficoltà economica per la mancanza di un impiego – devono affrontare sono, secondo il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus, vere e proprie piaghe sociali di cui si dovrebbe tener conto con delle adeguate misure sanitarie, potenziando i reparti psichiatrici soprattutto in vista dei prossimi mesi.

 

Le reazioni all’insegna della paura

A ciò si sono aggiunti i comportamenti legati a un’eccessiva problematizzazione della realtà rispetto al futuro: eppure, per evitare il contagio del covid basterebbe indossare sempre la giusta mascherina nei luoghi pubblici e mantenere una certa distanza di sicurezza dagli estranei, ma sembra che tali regole del nostro nuovo “modus vivendi” siano state trasformate in qualcosa di imprescindibile anche fra parenti e amici. Persone, insomma, con cui prima o poi avremo comunque contatti liberi da barriere di qualsiasi tipo, e che possiamo definire sane se a loro volta hanno osservato le nuove norme sociali.
Dunque la prudenza non è mai troppa, è vero, ma è altrettanto vero che una convivenza con il virus potrà essere davvero possibile solo se avverrà in relazione al benessere bio-psico-sociale dei cittadini, i quali vivono soprattutto di lavoro e giuste relazioni affettive.

 

Sotto: un video del Corriere della Sera sull’argomento

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