Lutto nel mondo del calcio: è morto Diego Armando Maradona

Lutto nel mondo del calcio: è morto Diego Armando Maradona

Con la scomparsa di Maradona se ne va un pezzo di storia del calcio. Genio e sregolatezza, come nessun altro calciatore al mondo

Addio a uno dei più grandi calciatori. Diego Armando Maradona è morto a 60 anni a causa di arresto cardiorespiratorio mentre si trovava nella casa di Tigres, zona alla periferia Di Buenos Aires dove si era trasferito dopo essere stato dimesso dalla clinica dov’era stato operato nei giorni scorsi al cervello. Con la scomparsa di Maradona se ne va un pezzo di storia del calcio. Genio e sregolatezza, come nessun altro calciatore al mondo.
Per esempio Pelè non si è mai drogato e non ha mai allenato la nazionale perdendo 4-0 contro la Germania ai Mondiali. Non ha mai inneggiato a Fidel Castro e Hugo Chavez né si é mai tatuato il ‘Che’ sul braccio. E non ha segnato i suoi due gol più famosi nella stessa partita. Queste cose – e ben altre – le ha fatte solo Diego Armando Maradona.
C’è da chiedersi come sarà il calcio senza di lui, che già in passato aveva rischiato più volte la vita. Noti i suoi guai con il fisco italiano. Qualche decina di milioni in sospeso, danni collaterali di una vita al massimo.  Se Pelè si è trasformato presto nel monumento di se stesso, Maradona, strepitava ancora come un bambino per riavere la panchina della nazionale argentina e stare sempre al centro delle cronache. Per El pibe de oro sembra una questione di vita o di morte. E’ stato il più grande sul campo e deve essere dura vedersi rimpiazzato da un Batista qualsiasi, che aveva la barba quando Diego gli fece vincere il Mondiale nel 1986. “Non si sa da dove sia venuto, deve essere un Ufo”, disse il commentatore tv Fabio Capello dopo il secondo gol al Belgio in semifinale. Il terzo di fila per far dimenticare quello all’Inghilterra con la “mano de Dios”. Come non bastasse il raddoppio agli inglesi, in slalom dalla sua metà campo alla porta di Shilton, i bianchi che sembrano lasciar passare la Storia perché’ non possono fermarla. Quattro anni ancora, il Mondiale in Italia. Un’Argentina brutta e cattiva, Caniggia che spegne le Notti Magiche, Maradona a Napoli gioca in casa. A Roma invece i fischi all’inno argentino prima della finale con la Germania, l’ “hijos de puta” sulle labbra del “10” in tv. Due Mondiali sarebbero stati troppi o pochi, per uno che avrebbe potuto vincere anche nel ’78, a 18 anni, se Menotti non l’avesse scartato per l’età. Ma 32 anni dopo il “traditore” per Diego è Carlos Bilardo, ct del 1986. Napoli era con lui perché’ Maradona le aveva dato tutto, dal 1984 e per sette anni. L’orgoglio, il riscatto, la felicità, finalmente Juve, Milan e Inter sotto. “Giulietta è ‘na zoccola” a seppellire con uno striscione i veronesi che invocavano il Vesuvio. “E’ Che vi siete persi!” fuori del cimitero dopo il primo scudetto. O era il secondo? Ma che conta… In 60 mila al San Paolo per i primi palleggi, gli stessi rimasti senza festa di compleanno. I gol da centrocampo, la Coppa Uefa, la MaGiCa con Giordano e Careca agli antipodi del sacchismo. L’amore dei compagni anche se non si allenava, ma in partita c’era sempre. La fine improvvisa del sogno, il Te Diegum malinconico degli intellettuali. Dieguito, a Napoli è stato anche amico dei camorristi Giuliano, le feste e le vasche da bagno a conchiglia. Inghiottito consenziente nella pancia della città. E il figlio voluto solo da una ragazza, incontrato dal padre poche volte. Diego junior, condannato a giocare a pallone, che dal mito non ha avuto né affetto né talento. Una passione totale con Napoli, tanto che dopo l’addio i tifosi sono passati in pochi anni dai premi fair play alla violenza. E magari c’è un nesso. Un amore che era nato da un dolore, quello della gamba rotta dal basco Goikoetxea. Il Barcellona, i gol fantastici e la rissa in finale di Coppa del Re. Finito presto. E ancora indietro, in Argentina, il Boca, l’Argentinos Juniors, il bambino fenomenale che palleggia in bianco e nero, in testa tanti ricci e la Coppa del Mondo. Alla fine è riuscito perfino a giocare nel Siviglia e ad allenare il Textil Mandiyù. E poi la droga, che lo ha accompagnato nel cammino. La cocaina, il doping ai Mondiali del 1994, l’urlo stupefacente nella telecamera dopo un golazo alla Grecia. La famiglia, una cima a cui aggrapparsi per Maradona. Le figlie sempre nei suoi pensieri, Dalma e Giannina che hanno fatto da mamme al papà. E ancora Cuba, i sigari, i ricoveri, l’obesità, le diete, la morte sempre vicina. Il film tributo di Kusturica, il vestito da sposo burino in Sudafrica. “Ho solo ballato”, concluse Fred Astaire. Se Maradona avesse solo giocato a calcio forse non sarebbe stato più grande di così, ma di certo non sarebbe stato Maradona.

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