Brexit, ancora scontri tra Theresa May e Jeremy Corbyn. Intanto la maggioranza boccia il no deal

Brexit, ancora scontri tra Theresa May e Jeremy Corbyn. Intanto la maggioranza boccia il no deal

Regna il caos nel Parlamento inglese che non riesce a trovare un accordo in fatto di Brexit. L'Unione Europea non vuole concedere nessuna proroga oltre il 12 aprile e vede sempre più probabile un divorzio brusco

La scorsa notte la Camera dei Comuni (la foto ritrae Theresa May e Jeremy Corbyn da The Spectator) ha approvato una proposta di legge sul rinvio della Brexit oltre la scadenza del 12 aprile ed esclude il no deal, ovvero il divorzio dall’Unione europea senza un accordo. Il provvedimento, promosso dalla laburista Yvette Cooper, è passato per un solo voto di scarto (313 voti a favore e 312 contrari) ma deve ancora incassare prima il consenso della Camera dei Lord (l’equivalente del nostro Senato) e poi quello del Consiglio europeo. L’accordo siglato tra Theresa May e i leader dell’Ue è stato bocciato dal Parlamento britannico 3 volte, l’ultima delle quali il 29 marzo. Il Consiglio europeo aveva già concesso la proroga fino al 12 aprile per consentire alla May di trovare un accordo anche con l’opposizione, ma al momento sembra molto difficile. Fiutando aria di contrasto, la stessa premier britannica aveva già annunciato che avrebbe chiesto una proroga della Brexit oltre la scadenza del 12 aprile, con l’obiettivo di guadagnare tempo con il leader dell’opposizione Jeremy Corbyn. Aveva parlato di una proroga breve, entro il 22 maggio, per evitare una sovrapposizione con le elezioni europee del 2019 e il rischio di una assurda partecipazione di Londra al voto per la nuova legislatura dell’Eurocamera.

Nel frattempo vanno avanti i negoziati fra May e il suo rivale storico Corbyn. L’obiettivo è quello di presentare un nuovo test condiviso al summit di emergenza della Brexit, fissato per il prossimo 10 aprile a Bruxelles. Proprio ieri si è svolta la prima sessione di negoziati, giudicata “utile, ma non conclusiva” dallo stesso Corbyn. I membri del suo partito stanno facendo pressione perché qualsiasi compromesso includa la clausola di un referendum confermativo, ovvero di un giudizio popolare sull’accordo di divorzio tra Londra e la Ue siglato da May con i leader europei. Corbyn non ha mai visto di buon occhio la sua rivale ed anzi ne ha sempre chiesto le dimissioni, motivo per il quale dalla maggioranza non c’è particolare entusiasmo per questo tentativo di dialogo, alquanto forzato. Sempre ieri la May ha dovuto incassare le dimissioni di due sottosegretari:  Chris Heaton-Harris, responsabile per i piani di preparazione al no-deal, e il sottosegretario per il Galles Nigel Adams.

Il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Junker, ha detto che al Regno Unito non sarà concessa alcuna proroga e, visto il poco tempo, lo scenario più probabile è il cosiddetto “No deal”, cioè l’hard Brexit, l’uscita dall’Unione europea senza aver negoziato alcun accordo specifico. Ma cosa accadrebbe in caso di No deal? Gli accordi di libera circolazione delle merci e delle persone, attualmente in vigore all’interno dei paesi membri, sarebbero immediatamente privi di efficacia. I confini tra Regno Unito e altri paesi Ue diventerebbero di nuovo attivi e soggetti a controlli. Il Regno Unito poi non farebbe più parte del mercato unico europeo, verrebbero ripristinate le dogane si verrebbe a creare parecchio caos alla frontiera. A preoccupare di più però è il calo del Pil che secondo le stime scenderebbe all’8%, la svalutazione della sterlina e il raddoppio della disoccupazione. Per limitare i danni il governo inglese e l’Ue dovrebbero mettere in pratica accordi singoli che regolamentino settori specifici e mitighino gli effetti di una eventuale hard Brexit.

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