Guerra in Medioriente: l’Iran progetta attacco a Israele per l’omicidio di Haniyeh
L’esercito israeliano in stato all’erta. Per gli USA è previsto un attacco da parte dell’Iran entro 48 ore, in risposta all’omicidio di Ismael Haniyeh. La diplomazia internazionale lavora per evitare un peggioramento del conflitto in Medioriente. Teheran: “Non vogliamo escalation ma dobbiamo punire l’aggressione di Israele”. Il Giappone invita i suoi cittadini a lasciare il Libano.
Tramite il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Nasser Kanaani, Teheran dichiara che reagirà all’uccisione di Ismail Haniyeh e Fuad Shukr, braccio destro di Hezbollah, ma “non mira ad aumentare le tensioni nella regione. L’Iran, basandosi sul suo diritto intrinseco fondato sui principi del diritto internazionale di punire l’aggressore, intraprenderà un’azione seria e deterrente con forza, determinazione e fermezza”.
Un appello alla moderazione era giunto anche dai Paesi Arabi, ma ogni tentativo di mediazione sembra inutile. Come sottolinea il segretario dell’Alto consiglio iraniano per i diritti umani, Kazem Gharibabadi, l’Iran ha diritto di rispondere a Israele in base all’articolo 51 dello statuto dell’Onu e al diritto internazionale, e qualsiasi risposta della Repubblica islamica sarà in linea con il diritto internazionale.
“Ci auguriamo di vedere la liberazione della Palestina e la distruzione del regime sionista“, ha aggiunto Gharibabadi.
Da parte sua Tel Aviv avrebbe intenzione di attaccare preventivamente l’Iran, se dovesse trovare prove certe di una rappresaglia imminente. La notizia è stata riportata dai media israeliani, dopo Benjamin Netanyahu ha riunito ieri i responsabili della sicurezza.
Anche per gli USA la reazione dell’Iran è ormai questione di ore. Il Segretario di Stato degli Stati Uniti, Antony Blinken, ha dichiarato che Washington ritiene che un attacco iraniano contro Israele potrebbe iniziare entro le prossime 24-48 ore. Anche Blinken ha tentato di mediare, facendo anche pressioni diplomatiche all’Iran, per allentare le tensioni nella zona e prevenire un peggioramento del conflitto.
Intanto la Giordania ha inviato ieri a Teheran il suo capo della diplomazia, Ayman Safadi, sempre nel tentativo di dissuadere la Repubblica Islamica ad aprire ulteriori conflitti. Mediazione respinta da Teheran.
La Giordania, tra l’altro, fa parte dei paesi (insieme a Israele, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Qatar, Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Bahrein) che ad aprile scorso sventarono un altro attacco, e che ora, secondo l’emittente israeliana Kan, starebbero svolgendo “un intenso lavoro“, che potrebbe andare a buon fine perché “tutti hanno interesse a che l’incidente non si trasformi in una guerra regionale“.
L’esercito israeliano ha bombardato ieri due scuole a Gaza City, la più grande città della Striscia. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa palestinese WAFA, nel raid sono morte almeno 30 persone. I portavoce delle forze di difesa Israeliane hanno riferito che negli edifici scolastici si trovavano nascosti degli uomini di Hamas. A Gaza, dall’inizio della guerra, la maggior parte delle scuole è stata trasformata in rifugi per i civili che hanno perso le loro abitazioni.
Continuano le critiche contro Tel Aviv. Per il capo del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (i cosiddetti pasdaran), Hossein Salami, gli attacchi di Israele sono anche mirati a uccidere gli scienziati della zona: “Israele è la culla del terrorismo ed è stato creato da uccisioni e omicidi. Pensano di poter uccidere gli scienziati nucleari di un altro paese e impedire il percorso di quel paese verso la tecnologia nucleare pacifica. Pensano che uccidendo il leader di un gruppo di resistenza in un altro Paese si concederanno più tempo per vivere. Si stanno solo scavando la fossa”.
Molto critico anche il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, che ieri ha visitato in Egitto la zona di confine con la Striscia di Gaza nei pressi di Rafah: “La chiusura del valico di frontiera da parte di Israele, prendere di mira i convogli di aiuti, l’uccisione degli operatori umanitari, il blocco dell’evacuazione di malati e civili e avere lasciato a marcire materiali di soccorso su migliaia di camion sono crimini contro l’umanità e costituiscono la prima fase del genocidio in atto dall’altra parte del confine”.
Vista la situazione, il ministero degli Esteri giapponese ha invitato i suoi cittadini a lasciare il Libano. Dato il “deterioramento della situazione”, si consiglia ai cittadini giapponesi “di prendere in considerazione la possibilità di partire mentre i voli commerciali sono ancora disponibili” e anche di astenersi dal recarsi in quella zona “per qualsiasi motivo”, si legge nella nota del ministero.