Morto Matteo Messina Denaro, ultimo boss di Cosa nostra
Dopo una lunga malattia e il coma, Matteo Messina Denaro, ultimo dei super latitanti di Cosa nostra, è morto questa notte in un ospedale a L’Aquila, dove era ricoverato per le complicazioni di un cancro al colon. Salvini “Non riesco a dire che mi dispiace”. Disposta l’autopsia.
L’ultimo boss di Cosa nostra Matteo Messina Denaro, conosciuto anche come “U Siccu” e “Diabolik”, è morto questa notte intorno alle 2 nell’ospedale de L’Aquila. Soffriva di una grave forma di tumore al colon che gli venne diagnosticata a fine 2020, quando era ancora uno dei capi mafiosi più ricercati.
Arrestato all’inizio di quest’anno dopo trent’anni di latitanza, “U Siccu”, viste le sue condizioni di salute, venne ricoverato in chemioterapia nel supercarcere de L’Aquila, dove venne allestita per lui un’infermeria vicina alla cella. In questi ultimi nove mesi di detenzione è stato sottoposto a due interventi, ma al secondo non si era più ripreso, al punto che i medici decisero di non rimandarlo in carcere ma di tenerlo in una stanza di massima sicurezza dell’ospedale.
Poco prima di perdere conoscenza, Messina Denaro ha dato il suo cognome alla figlia Lorenza Alagna, concepita in latitanza e prima non riconosciuta. La donna, che incontrò “U Siccu” per la prima volta in carcere ad aprile insieme a una delle sorelle del boss e alla nipote Lorenza Guttadauro (Che è stata anche il legale difensore dell’ex latitante), è stata al suo capezzale fino all’ultimo.
Venerdì scorso, affidandosi al testamento biologico di Messina Denaro, che rifiutava l’accanimento terapeutico, gli è stata interrotta l’alimentazione ed è stato dichiarato in coma irreversibile. Sui media iniziò anche a circolare la notizia che fosse già morto. Ora la Direzione sanitaria della Asl dell’Aquila sta organizzando le fasi successive al decesso.
Messina Denaro era nato il 26 aprile del 1962 a Castelvetrano. Appassionato di donne, della bella vita, di arte e letteratura, si era subito distinto per la scaltrezza unità all’indole spietata. Mafioso di carattere, ma anche di famiglia: suo padre Francesco Messina Denaro, detto “Don Ciccio”, lavorava nelle tenute agricole della famiglia D’Alì (A quel tempo proprietaria della Banca Sicula di Trapani e delle saline di Trapani e Marsala) e nel 1982 prese il posto di Nicola Buccellato a capo della cosca mafiosa di Trapani.
Su Matteo Messina Denaro, diventato nel frattempo il braccio destro del padre nella gestione delle attività mafiose, sino agli anni ’90 si sapeva ben poco, e quel poco emerse solo grazie alle dichiarazioni di alcuni pentiti.
“U Siccu” iniziò poi ad accumulare una lunga serie di processi e condanne, tra cui l’ergastolo in contumacia (Insieme a Vincenzo Virga e Nicolò Di Trapani) come mandanti dell’omicidio dell’agente di Penitenziaria Giuseppe Montalto, poi un altro ergastolo, sempre in contumacia, insieme a Giuseppe Graviano, Leoluca Bagarella e Salvatore Riina per gli attentati dinamitardi del 1993 a Firenze, Roma e Milano. Altri ergastoli per l’omicidio del piccolo Giuseppe di Matteo, per le stragi di Capaci e di Via d’Amelio, per gli omicidi avvenuto durante la faida mafiosa di Alcamo, che vide i clan corleonesi da una parte, e la stidda del Greco dall’altra.
Oltre ad altri ergastoli. Tutti in contumacia perché, già dal 1993, Messina Denaro sparì dalla circolazione mentre era in vacanza insieme ai fratelli Graviano e alle rispettive compagnie, dando inizio a una latitanza durata 30 anni. Fino al 16 gennaio scorso, quando venne infine arrestato dai Carabinieri del ROS con la collaborazione del GIS, mentre si stava recando alla clinica privata La Maddalena di Palermo, per farsi curare sotto il falso nome di Andrea Bonafede.
Immediate le reazioni della politica alla notizia della morte del boss. “Al di là della pietà cristiana posso dire che è stato un personaggio tragico nella storia italiana. Spero che queste figure non vengano mai mitizzate e vengano prese nel senso giusto, cioè che sono una sciagura per la nostra società” ha dichiarato il sindaco di Milano, Giuseppe Sala.
“Ora si scrive la parola fine su colui che per 30 anni ha provocato ferite profondissime e mortali non soltanto nella nostra provincia. La morte, comunque, rappresentando la conclusione della vita terrena, pone ogni uomo davanti la giustizia divina” sono le parole di Giuseppe Castiglione, sindaco di Campobello di Mazara, dove “U Siccu” trascorse gli ultimi anni della sua latitanza in diversi covi fino al giorno dell’arresto.
“La preghiera non si nega a nessuno. Ma non riesco a dire che mi dispiace” è la dichiarazione che il ministro Matteo Salvini ha affidato ai suoi profili social.
Il corpo dell’ex latitante si troverebbe ora in uno dei sotterranei dell’obitorio dell’ospedale de L’Aquila, a poca distanza dalla camera-cella nella quale era ricoverato da agosto. Nel frattempo la Procura aquilana, di concerto con quella palermitana, ha disposto l’autopsia.
La morte dell’ultimo super boss potrebbe aprire ogni scenario, e gli inquirenti stanno cercando di capire come cambieranno gli equilibri di Cosa Nostra dopo la morte di “U Siccu”.