Messina Denaro: l’appello del pentito e il gioco d’azzardo per finanziare la latitanza

Messina Denaro: l’appello del pentito e il gioco d’azzardo per finanziare la latitanza

Pasquale de Filippo, complice, amico personale e fiancheggiatore dell’ex latitante Messina denaro, ora pentito, ha esortato l’ex boss di Castelvetrano a pentirsi a sua volta e collaborare con i magistrati: “Puoi ancora guarire dal cancro della mafia”. Nel frattempo gli inquirenti indagano sul gioco d’azzardo, che avrebbe finanziato la latitanza.

Sono Pasquale Di Filippo. Un tempo, ero amico e complice di Matteo Messina Denaro. Oggi, anche io sono ammalato, vorrei dirgli che c’è un tumore da cui puoi ancora guarire, quello della mafia. Matteo se davvero vuoi bene a tua figlia, parla con i magistrati, svela i segreti di Cosa nostra che ancora non conosciamo, fai i nomi dei politici“.

La dichiarazione è arrivata dopo la decisione di Messina Denaro di non partecipare all’udienza preliminare in videoconferenza dal carcere di Le Costarelle, a L’Aquila, dove è detenuto. Anche Andrea Bonafede si è avvalso della facoltà di non rispondere, dopo le parziali ammissioni seguite al suo arresto.

Occhiali Ray-Ban ritrovati in uno dei covi di Messina Denaro

Pasquale de Filippo è un nome conosciuto sia alla mafia che alla magistratura. Amico, complice e fiancheggiatore di Messina Denaro, divenne “Uomo d’onore” negli anni ’90. Arrestato nel 1995, decise di pentirsi e collaborare, auto accusandosi di quattro omicidi, svelando i mandanti delle stragi di mafia del 1992 e 1993 e portando, con le sue rivelazioni, alla cattura di Leoluca Bagarella. Tra l’altro, in virtù dei suoi forti legami con Messina Denaro, si occupò della sua latitanza nei primi due anni.

Nel frattempo, gli inquirenti, tra le varie piste, stanno indagando sul giro di scommesse online e gioco d’azzardo per individuare ulteriori canali che avrebbero finanziato la latitanza di Messina Denaro. L’ex boss di Castelvetrano, infatti, a differenza di altri latitanti famosi come Riina e Provenzano, non si era rinchiuso in un casale nascosto nelle campagne, ma conduceva una vita più o meno normale in pieno centro di Palermo. Tra le varie cose rinvenute nel corso delle perquisizioni nei suoi vari rifugi, ci sono infatti scontrini di ristoranti di lusso, biglietti di viaggi e altri oggetti costosi.

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