Reato di femminicidio: problemi costituzionali

Reato di femminicidio: problemi costituzionali

Il Governo si appresta a reintrodurre il reato di femminicidio Per Nordio e Meloni è un evento epocale. Ma ci sono contrasti con la Costituzione. Salis: “Creare cultura è più difficile che reprimere”.

Il Consiglio dei ministri ha approvato venerdì scorso, proprio alla vigilia della festa della donna, il disegno di legge che istituisce “il reato di femminicidio e altri interventi normativi per il contrasto alla violenza nei confronti delle donne”.

Il progetto dell’esecutivo va a modificare il Codice penale, introducendo l’articolo 577 bis che contiene la specifica dicitura di “femminicidio“. Al primo comma si parla anche dell’ergastolo come aggravante, e si prosegue con la considerazione che, pur essendo la pena bilanciata dalle varie aggravanti e attenuanti, questa non potrà scendere al di sotto dei 15 anni.

Non finisce qui: le modifiche introducono anche misure cautelari più severe n caso di stalking e violenza domestica, con la possibilità di carcere e domiciliari in presenza di seri indizi di colpevolezza.  Viene anche esteso il diritto, per la vittima, di essere informata sl procedimento e sull’eventuale richiesta di patteggiamento dell’imputato.

Per Carlo Nordio è “un risultato epocale, perché il femminicidio viene inserito nell’ordinamento penale come fattispecie autonoma. Una grande svolta. Fino ad oggi si discuteva di configurare questa particolare e odiosa forma di reato come una circostanza aggravante del reato di omicidio“.

Per la Premier Giorgia Meloni il Governo compie così “un altro passo avanti nell’azione di sistema che sta portando avanti fin dal suo insediamento per contrastare la violenza nei confronti delle donne e tutelare le vittime“.

Giorgia Meloni

Anche il Partito democratico ha accolto bene l’introduzione del nuovo reato, ma invita a un intervento anche strutturale. Come afferma la portavoce dei dem, Roberta Mori, il Pd si aspetta “un intervento strutturale per l’autonomia economica sociale delle donne che è uno degli strumenti più decisivi di libertà per sottrarsi a contesti violenti“.

Ma ci sono alcuni contrasti con la Costituzione. Il nuovo Ddl, per prima cosa, praticamente introduce un intervento sanzionatorio che varia in base al genere della vittima, con il rischio di generare divisioni e in aperto contrasto con il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione.

L’inasprimento delle pene, inoltre, potrebbe non rivelarsi una soluzione efficace, dal momento che il problema della violenza sulle donne (e qui torniamo alla proposta del Pd) è soprattutto di natura sociale e culturale. Per quanto riguarda il femminicidio in sé, va ricordato che esso è già punito da norme già presenti nel Codice penale.

Anche Silvia Salis, candidata sindaca per Genova e sempre attiva per i diritti delle donne, dichiara che “più che punire bisognerebbe educare” e sostiene anch’essa che bisogna intervenire a livello strutturale: “vorrei pensare a un Paese che educa alla sensibilità, che faccia sì che questi temi vengano condivisi non solo l’8 marzo. Educare, creare presidi educativi, sensibilizzare i bambini fin da piccoli e poi da giovani un lavoro più complesso che fare leggi punitive. Bisogna creare le condizioni per cui i casi diminuiscano per un processo di educazione, non repressione“.

Salis sottolinea anche l’inutilità delle leggi, in confronto alle disparità di genere ancora esistenti nel lavoro: “Siamo un Paese dove una donna su due non lavora nonostante sia in eta di lavoro. Questo è un grandissimo tema economico oltre che sociale“.

Insomma, è inutile aggiungere o modificare commi al Codice penale, oltretutto considerando che esistono già leggi che puniscono il femminicidio, se poi tali leggi cozzano con la Costituzione, generando paradossalmente ulteriori diversità di genere, se prima non si interviene a livello culturale.

 

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