
Delitto Lidia Macchi, la studentessa massacrata con 29 coltellate: assolto Stefano Binda
Sentenza choc quella pronunciata dai giudici della Corte d'Assise d'Appello di Milano. A trent'anni dal delitto della giovane Macchi nel Varesotto, resta senza un nome e un volto il suo assassino
La Corte d’Assise d’Appello di Milano ha ribaltato la sentenza di primo grado per l’omicidio della studentessa Lidia Macchi, assolvendo ieri il suo compagno di liceo dell’epoca, Stefano Binda. L’omicidio della ventunenne era avvenuto nel 1987 a Cittiglio, e dopo trenta anni, Binda era stato riconosciuto colpevole della morte della giovane ragazza. L’uomo era stato arrestato il 15 gennaio del 2016, dopo la decisione presa dal tribunale di primo grado che lo aveva condannato all’ergastolo. Ma trascorsi circa tre anni e mezzo in carcere, ora a seguito di questa sentenza choc, il 51 enne esce di cella e ritrova la libertà. Una storia giudiziaria quella di Stefano Binda che ha dell’incredibile.
Dopo trenta anni dall’uccisione della povera Macchi, l’uomo viene indagato dalle autorità perché sospettato di essere tra l’altro, l’autore di una lettera-confessione che si presume sia stata scritta dall’assassino all’epoca dei fatti, e consegnata alla famiglia della vittima il giorno dei funerali. Prova che viene riqualificata ora dai giudici, ma non sufficiente a fare rinchiudere in carcere un essere umano:« Il poeta anonimo è certamente Stefano Binda – ha detto nella requisitoria il sostituto pg Gemma Gualdi – che ha scritto quella lettera perché ha vissuto i fatti descritti». Il componimento è stato scritto su un foglio secondo la Guardi “proveniente da un quaderno sequestrato a casa sua, fatto quest’ultimo ammesso dallo stesso imputato”.” E’ inutilizzabile” invece la testimonianza resa la scorsa udienza dal penalista Piergiorgio Vittorini, che aveva dichiarato che nel 2017 un suo cliente, ma del quale ha conservato l’anonimato, gli avrebbe confessato di essere l’autore della famosa lettera.
Stefano Binda si è sempre dichiarato innocente e fino alla mattina della sentenza ha sostenuto la sua convinzione. «Non ho ucciso Lidia Macchi, sono innocente, estraneo a tutta la vicenda». « In quel periodo ero a Pragelato – ha aggiunto Binda, parlando al processo dei giorni dell’omicidio – e non ho mai scritto la lettera». Quindi Binda affronta un primo processo, e poi il carcere, per un reato mai commesso, a quanto sembra dal nuovo verdetto della Corte d’Assise. Ad accogliere l’uomo c’era la sorella, Patrizia Binda che parla con la loro madre subito dopo la nuova sentenza:« Si mamma, si, è tutto vero, l’hanno assolto. Adesso te lo riporto a casa».
« Credo che servisse un minimo di approfondimento in più, forse è stata una sentenza affrettata», è stato il commento della sorella della vittima, Stefania Macchi, sulla decisione presa ieri dai giudici. « Quindici giorni e tre udienze sono troppo pochi per emettere un verdetto – ha spiegato l’avvocato della Macchi – questa sentenza è stata la trentesima coltellata inferta a Lidia». A oltre trenta anni dal delitto, rimane così senza un nome e un volto l’assassinio della studentessa Lidia Macchi, stuprata e poi massacrata con 29 coltellate in un bosco del Varesotto.