La Musica nell’identità umana, un contributo fondamentale alle culture di tutti i popoli

Quando si parla di musica – persino in ambito accademico – l’dea più immediata è che si tratti di qualcosa di effimero, di facoltativo, dunque di una materia relativamente importante per la società.
Ci si dimentica in continuazione dell’inestimabile ruolo sociale esercitato dal genere musicale folk, uno degli elementi imprescindibili dell’identità di un popolo.
In un mondo ormai fortemente globalizzato, infatti, il legame con il proprio paese d’origine rimane un’esigenza universale per tutti gli esseri umani comprendente la lingua, la religione, le tradizioni, i costumi ma anche le melodie.
Nell’universo transculturale del nostro paese la musica si conferma spesso come il cardine dei rituali relativi alla sfera religiosa e a quella sociale in molte comunità straniere: quest’ultimo principio, tuttavia, è sempre stato tale in primis per quanto riguarda le usanze ataviche di molte regioni italiane, sia al Nord che al Sud.
Secondo una serie di ricerche e rilevamenti documentari effettuati sul campo dagli etnomusicologi negli ultimi dieci anni circa – soprattutto nel Lazio, in Campania e in Calabria – la presenza dell’arte musicale è sempre stata una costante dei contesti di devozione popolare quali pellegrinaggi, processioni e feste religiose. A tal riguardo e in modo particolare nel Meridione è importante aggiungere che anche alcune musiche tipiche dei contesti profani – come la tammurriata campana e la tarantella calabrese – sono incluse nelle occasioni religiose frequentate dai fedeli, arricchendo ulteriormente questi scenari.
Possiamo quindi affermare che in Italia la straordinaria moltitudine di tradizioni, costumi e dialetti sia tale  anche per la musica, che in alcuni casi specifici è diventata la voce stessa dell’identità appartenente a moltissimi italiani (basti pensare per esempio al ruolo del canto a tenore sardo, incluso nel patrimonio dell’UNESCO e di cui esistono addirittura diverse intonazioni specifiche in base alla provincia della Sardegna che si prende in considerazione).

Sopra: un’immagine dei Tenores di Bitti, fra i più talentuosi interpreti del canto a tenore sardo.

 

In effetti se partiamo dal presupposto che il linguaggio musicale permette innanzitutto di raccontarsi, ossia di dare forma e pensieri agli stati d’animo e alle atmosfere del momento, capiremo bene perché lo studio antropologico di qualsiasi nazione non possa prescindere dall’analisi del panorama sonoro che la contraddistingue, costituendo un background decisivo per poterla conoscere e descrivere in modo completo.
Quest’ultimo è senz’altro un tema antichissimo, comune per altro a livello mondiale: per comprenderlo meglio basterebbe riflettere sul ruolo imprescindibile che un motivo musicale può assumere nella nostra attualità ad esempio per i migranti – di qualsiasi etnia o paese – per i quali la notevole capacità di aggregazione della musica costituisce a tutti gli effetti una risorsa soprattutto in un paese straniero (nel quale magari si ricercano i propri compatrioti).
Per contro il melting pot che contraddistingue ormai la stragrande maggioranza degli Stati è responsabile delle contaminazioni anche fra i patrimoni musicali delle varie etnie a contatto, uno dei più affascinanti oggetti di studio da parte dell’odierna etnomusicologia.
A tal proposito risultano più che mai attuali le parole del compositore e musicista Béla Bartók, pioniere delle moderne ricerche etnomusicologiche sulla natura poliedrica degli studi relativi all’identità musicale dei popoli nel mondo.

 

Sopra: il compositore Béla Bartók.

Durante la sua lunga ricerca sui temi tradizionali dell’Ungheria e della Romania –  nonché dopo aver raccolto ben 9.500 melodie proprie di queste terre – egli affermò le caratteristiche del perfetto atropologo-musicista nei suoi Scritti sulla musica popolare, spiegando quanto possa essere intricato il legame fra la musica e la cultura identitaria di una nazione.
Uno studio vero e proprio sul tema dovrebbe essere realizzato da un esperto in molti campi, dotato quindi di una buona preparazione linguistico-fonetica e capace di descrivere con esattezza i nessi fra la musica e la danza così come le connessioni fra musica e usanze popolari.
Infine anche la storia e le lingue straniere sono due elementi imprescindibili per comprendere le influenze esercitate dai mutamenti della vita collettiva sul canto popolare, nonché le trasformazioni di quest’ultimo dopo un fenomeno migratorio.
“Paese che vai musica che trovi” insomma, anche se nel nostro attuale universo è ormai possibile ascoltare le voci delle culture più lontane comodamente seduti sul divano di casa propria: Youtube, tuttavia, resta incapace di restituire la serie di emozionanti e inimitabili scoperte che comporta ancora il conoscerle di persona.

 

 

 

 

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